Siamo a un momento di svolta della politica italiana e della vita della DC. La netta sconfitta del PCI, che perde quasi il 4 per cento dei voti nelle elezioni del giugno ’79, segna la definitiva fine della strategia di Solidarietà nazionale. Con l’obiettivo di recuperare le posizioni perdute, il PCI passa decisamente all’opposizione proponendosi, in alternativa alla Democrazia Cristiana, come guida di una grande alleanza politica all’insegna della moralizzazione del paese: atteggiamento accentuato dopo le polemiche sulla cattiva gestione dei soccorsi nelle zone terremotate dell’Irpinia (fine 1980).
A questa offensiva, la DC risponde lanciando la formula di governo pentapartito con la vecchia alleanza di centrosinistra aperta ai liberali e puntando sul risanamento economico da raggiungere attraverso una rigorosa politica di austerità (se ne fa sostenitore in particolare il ministro del Tesoro Beniamino Andreatta). Una linea respinta dai comunisti, che la definiscono reaganiana, ma criticata anche dai socialisti che d’altronde, sotto la guida di Bettino Craxi, non nascondono di puntare a un ruolo di maggior protagonismo nella maggioranza e accentuano le distanze dal PCI. Delle tensioni risente la stabilità dell’esecutivo e la DC, per garantire la governabilità, dopo che due governi Cossiga e uno Forlani si sono susseguiti in meno di due anni, nel giugno del 1981 accetta – per la prima volta dal 1945 – che ci sia un non-democristiano alla Presidenza del Consiglio: tocca al repubblicano Giovanni Spadolini.
Intanto, nel partito, il congresso del febbraio 1980 rispecchia i mutati scenari. Il Consiglio nazionale (cui nel frattempo è stata restituito il potere di elezione del segretario) sostituisce Benigno Zaccagnini con Flaminio Piccoli. Piccoli è sostenuto da un’ampia maggioranza che si riconosce nel “preambolo” di un documento congressuale (per il resto articolato in mozioni distinte) dove viene ribadita la impossibilità di intese con il PCI. Due anni dopo, nel congresso del maggio 1982, sarà Ciriaco De Mita ad assumere la segreteria nel nome di una più incisiva strategia nei confronti dei socialisti. De Mita prevale su Forlani nel voto diretto dei delegati, di nuovo introdotto.
Situazione politica sempre molto complessa e instabile. Nelle elezioni del 3 giugno ’79 il PCI subisce una netta flessione (confermata nelle elezioni europee, una settimana dopo) e, imputandola al sostegno dato ai governi Andreotti, torna all’opposizione proponendo un governo di “alternativa democratica”.
Il 1979 appare come un anno cruciale per la storia recente del mondo.
In agosto si accende la situazione in Polonia, percorsa da rivendicazioni di democrazia e da fermenti antisovietici ai quali non è estraneo l’avvento al papato del polacco Giovanni Paolo II nell'ottobre 1978.
Siamo a un momento di svolta della politica italiana e della vita della DC. La netta sconfitta del PCI, che perde quasi il 4 per cento dei voti nelle elezioni del giugno ’79, segna la definitiva fine della strategia di Solidarietà nazionale. Con l’obiettivo di recuperare le posizioni perdute, il PCI passa decisamente all'opposizione...