Il “veto Andreotti” sui calciatori stranieri
Bisognava scegliere tra il mantenere il sistema di ingaggio degli stranieri per vivificare il campionato italiano e la creazione di vivai per far emergere astri ...autarchici, tra l'altro con un costo di molto inferiore.
Il presidente della Federcalcio Ottorino Barassi chiese al governo – e per esso a me sottosegretario alla presidenza del Consiglio – di bloccare le immigrazioni di stranieri. Perché al governo e non agli organi federali, tanto gelosi dell'autonomia dalla politica? Credo che gli interessi contrapposti non consentissero un'adesione volontaria alla misura di rigore. Venne così quello che fu chiamato il “veto Andreotti”, comunicato al Coni con questo telegramma: “Informo che, aderendo alle osservazioni prospettate, il ministero dell'Interno di intesa con questa Presidenza e con il ministero degli Esteri ha disposto, allo scopo di tutelare il carattere nazionale delle norme sul giuoco del calcio, che d'ora innanzi non siano concessi permessi soggiorno in Italia ad atleti stranieri che lo chiedano per svolgere attività nelle squadre di campionato”.
Non farò la storia della graduale marcia indietro iniziatasi presto in proposito. Mi limito a notare che già nel luglio 1955 Il Consiglio nazionale della Federazione decideva di “accordare alle società il tesseramento di uno straniero e di un giocatore di nazionalità italiana proveniente da federazione estera che in ottemperanza alle norme della Federazione Internazionale Gioco Calcio (Fifa) possa venire utilizzato immediatamente in nazionale”.
Questa utilizzabilità nella squadra nazionale è il punto su cui mi sembra si debba ora lavorare per trovare soluzioni adeguate a un problema che, a torto o a ragione, interessa se non tutti almeno i nove decimi degli italiani.
Fermo restando che va comunque curata e valorizzata una squadra azzurra (il successo della Under è incoraggiante) e che non è ipotizzabile rispedire a casa i Platini, i Rumenigge, i Boniek, i Maradona, i Laudrup e tutti gli altri stranieri che si sono fatti tanto onore in Messico, si potrebbe:
- in via principale ottenere dalla Fifa che nel periodo di ingaggio presso una squadra di un paese il giocatore può giocare anche nella squadra del paese stesso e comunque non può giocare con altri colori, compreso il suo originario;
- a evitare che il paese ricco (o meglio, un paese dove si è disposti ed è lecito valutariamente spendere cifre altissime per la campagna acquisti all'estero) possa monopolizzare i migliori calciatori del mondo, si potrebbe fissare a un massimo di tre il massimo di stranieri … azzurrabili;
- tenendo conto che non oltre il 1992, tra i dodici paesi della Comunità europea (a proposito, per la CEE, nel suo complesso in Messico è stato un trionfo) vi sarà una completa abolizione delle frontiere, si può forse dettare una normativa ad hoc per i cittadini comunitari, che non è più giusto considerare stranieri.
Sono tre idee che metto in circolo senza alcuna pretesa di aver trovato il toccasana.
Non è possibile far finta di niente. Tanto più che il prossimo campionato mondiale si svolgerà in Italia e noi non possiamo far bella figura soltanto come albergo e mensa.
Giulio Andreotti Europeo Bloc notes 5 luglio 1986