Gli anni della Fuci
Nel novembre del 1938, Andreotti aderisce alla FUCI, la federazione universitaria cattolica fortemente ispirata dalle dottrine sociali cristiane di Maritain e dai princìpi del Codice di Malines, intimamente antifascista, pur nel forzato rispetto della scelta apolitica imposta dal regime. È in questi anni che Andreotti stringe amicizia con Giovanni Battista Montini, già delegato spirituale della FUCI e futuro papa Paolo VI, con Aldo Moro, presidente della FUCI, che nel 1939 gli affida la condirezione della rivista “Azione fucina”, e con molti esponenti cattolici della futura dirigenza politica italiana. Quando nel febbraio 1942 Moro lascia la presidenza della FUCI per partire militare, Pio XII, cui competeva la designazione del presidente, nomina Giulio Andreotti suo successore su suggerimento di mons. Montini, oltre che dello stesso Moro.
Andreotti caratterizzò con una impronta fortemente sociale il suo mandato. Fin dal primo editoriale scritto per Azione Fucina da neo-presidente, sottolineava, accanto alla condanna per il socialismo ateo, quella “parimenti netta” per l'ateismo del capitalismo egoista, sollecitando al ritorno ad “uno studio profondo della sociologia cattolica”. Fu sulla base di questa impostazione che Andreotti partecipò nel luglio del 1943 alla riunione di Camaldoli dalla quale scaturì il Codice che avrebbe costituito il riferimento dell'azione di governo della DC dopo la guerra.
Alla visita di leva, Andreotti venne scartato per insufficienza toracica dal corso allievi ufficiali e assegnato ai servizi sedentari da un brusco ufficiale medico che gli pronosticò brutalmente - ma del tutto affrettatamente - sei mesi di vita. Fu destinato al Collegio medico militare, alle dipendenze del generale Alfredo Bucciante, con un incarico di archivista che, grazie anche alla compiacenza del generale e all’esonero dall’obbligo di dormire in caserma perché infestata dalle pulci, gli darà tempo per seguire gli impegni nella FUCI e quelli, che ne deriveranno indirettamente, nella neonata Democrazia Cristiana clandestina. Dopo l’8 settembre, le autorità vaticane assegnarono ad Andreotti, come a tutti i principali dirigenti dell’Azione Cattolica, un salvacondotto riconosciuto dai nazisti ai dipendenti della Santa Sede. Andreotti per alcuni mesi risultò quindi “Guardia palatina”: qualifica poi mutata in quella di “impiegato del Governatorato vaticano” essendosi egli rifiutato, per ragioni di principio, di svolgere i prescritti turni di guardia.
Grazie al suo ruolo di presidente della FUCI, Andreotti instaurò rapporti diretti con Pio XII che ebbe modo di apprezzarlo. Fu così, fra l’altro, che egli poté intercedere presso il papa a favore dei giovani del gruppo dei Comunisti cattolici incarcerati nel 1942. Mentre il pontefice affidò ad Andreotti delicati incarichi personali come quello, nell’inverno del 1944, presso il vescovo di Parma, Colli. Anni dopo, questi rapporti consentiranno ad Andreotti di intervenire direttamente presso Pio XII per convincerlo a rinunciare alla cosiddetta “operazione Sturzo”: un’alleanza elettorale fra cattolici e destra nelle elezioni comunali di Roma del 1952.
Ma la relativa libertà di movimento nell'Italia occupata che gli derivava dalla presidenza della FUCI consentì anche ad Andreotti di svolgere un efficace ruolo di collegamento con gli esponenti del movimento politico cattolico di cui De Gasperi stava rinserrando le file.
Andreotti rimase alla guida della FUCI fino al 4 agosto del 1944 quando si dimise per dedicarsi all’attività politica nella DC.
16 aprile 1945. Giulio e Livia sposi nella chiesa delle catacombe di Priscilla sulla via Salaria a Roma.
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