Intanto nella DC (1945-1948)
Dopo il 25 luglio 1943, pur nella clandestinità imposta in gran parte d’Italia dalla occupazione nazifascista, all’interno del mondo cattolico torna a parlarsi della costituzione di un movimento politico in vista della Liberazione e della fine della guerra.
Protagonisti, i vecchi esponenti del Partito Popolare, ridotti al silenzio dal fascismo, ma con loro uomini nuovi, spesso giovanissimi, formatisi e distintisi durante il Ventennio nell’ambito dei movimenti dell’Azione cattolica che, sia pure tollerati solo a stento dalla dittatura, hanno potuto tenere viva un’opera di formazione religiosa e culturale soprattutto delle nuove generazioni. Ad essi si affiancheranno poi, a guerra conclusa, i reduci della Resistenza combattuta fra i partigiani “bianchi”.
Subito, per indiscusso prestigio morale e politico, si impose come leader Alcide De Gasperi. È lui, fra l’altro, l’autore di quel “Idee ricostruttive della Democrazia Cristiana” che costituisce il documento fondamentale del partito in formazione. Si tratta di un vero e proprio programma di governo per la ricostruzione del Paese che recepiva le posizioni ideali, di politica economica e sociale ispirate alla dottrina cristiana elaborate in quegli anni e ratificate nel Codice di Camaldoli del 1943.
Appoggiandosi soprattutto alle strutture della Chiesa e dell’associazionismo cattolico (a volte, pure, con posizioni dialettiche), la Democrazia Cristiana sviluppa la sua organizzazione sul territorio, tanto da raggiungere un milione di iscritti nel 1946 quando – il 2 giugno - affronta la prima prova elettorale nazionale. Nel voto per l’Assemblea Costituente la DC ottiene oltre il 35 per cento dei voti ed è il primo partito in Italia. Un risultato che consente ai democratici cristiani di risultare determinanti nella stesura della Carta costituzionale, assicurando ai cattolici un ruolo centrale nella costruzione dello Stato democratico.
La vittoria nelle elezioni del ‘46 giustifica inoltre la guida democristiana del governo, affidata a De Gasperi e che condurrà il Paese attraverso gli anni difficilissimi della fine dell’occupazione militare, della firma del trattato di pace e della ricostruzione. Dopo due anni di difficile convivenza, De Gasperi rompe con i socialcomunisti (maggio 1947) e avvia una collaborazione centrista con liberali, repubblicani e socialdemocratici che segnerà a lungo la vita politica italiana.
La Democrazia Cristiana tiene il suo primo congresso a Roma nell’aprile del 1946. Al centro del dibattito, la scelta fra monarchia e repubblica quale sistema istituzionale dell’Italia. La DC che, pur largamente filo-repubblicana, ha al proprio interno una notevole componente di monarchici, ribadisce la scelta per la Repubblica, ma lascia agli elettori libertà di voto.
Il Consiglio nazionale eletto dal congresso designerà segretario De Gasperi che poco dopo lascerà la carica ad Attilio Piccioni. Piccioni verrà poi rieletto a seguito del II Congresso svoltosi a Napoli nel novembre 1947.
Nel frattempo la DC aveva visto il formarsi della sua prima vera corrente: “Cronache sociali”, ispirata da Giuseppe Dossetti. Mossi da una forte spiritualità e propugnatori di più accentuate aperture sociali, i dossettiani danno vita a una opposizione interna alla DC che contesta la maggioranza degasperiana: in particolare, le scelte di governo a favore della NATO e della alleanza con i partiti minori di centro, punti cardine della politica di De Gasperi.