IX Legislatura 1983-1987
Elezioni 26 giugno 1983: candidato n. 1 nella lista della DC nella circoscrizione XIX Roma Viterbo Latina Frosinone; 206.944 preferenze. Elezioni europee 17 giugno 1984: candidato n.1 della lista della DC nella circoscrizione Lazio, Toscana, Umbria e Marche; 492.743 preferenze. Ministro degli Esteri dei governi Craxi I, Craxi II e Fanfani VI.
È il momento della collaborazione con Bettino Craxi. Incaricato di formare il governo all’indomani delle elezioni del giugno 1983, il leader socialista chiamò Andreotti al Ministero degli Esteri. Messe in disparte le polemiche (alle quali gradualmente subentrarono invece reciproco apprezzamento e cordialità di rapporti) fra i due statisti si avviò una collaborazione durata per quasi quattro anni e caratterizzata particolarmente da un deciso impegno del governo sul fronte della politica estera.
Craxi e Andreotti assumono forti iniziative per rimarcare il ruolo dell’Italia sullo scenario internazionale non esitando ad assumere atteggiamenti autonomi - ai limiti della sfida - anche nei confronti degli Stati Uniti. Netta la dissociazione italiana da Washington in occasione dell’invasione dell’isola di Grenada, ma l’episodio più clamoroso fu quello legato al dirottamento della nave da crociera Achille Lauro che portò quasi allo scontro soldati americani e carabinieri italiani nella base di Sigonella (ottobre 1985).
Tuttavia il governo italiano dava contemporaneamente prova di leale allineamento al fronte occidentale approvando – pur fra molte proteste della sinistra – l’installazione degli euromissili nella base NATO di Comiso e aderendo ai progetti dello “scudo spaziale” del presidente americano Reagan. D'altronde il rispetto delle posizioni italiane da parte di Washington è dimostrato dalla cordialità dei rapporti fra i due governi (fu un grande successo anche personale la visita che il presidente del Consiglio Craxi compì negli Stati Uniti, accompagnato da Andreotti, nel marzo 1985) come pure dalle manifestazioni di considerazione costantemente ricevute dal ministro degli Esteri oltre oceano. Andreotti, che poteva beneficiare, nei rapporti con l'establishment americano, delle vaste relazioni intessute nel corso degli anni soprattutto quale ministro della Difesa, avviò in quegli anni una stretta e amichevole collaborazione con il segretario di Stato George Shultz.
Particolarmente intensa l’iniziativa di Andreotti sul fronte della distensione Est-Ovest che alla metà degli Anni Ottanta conosceva una fase cruciale. Determinato il suo impegno, alla guida della Farnesina, nell'ambito della Conferenza di Stoccolma del 1986 sulla fiducia, la sicurezza e il disarmo in Europa. Grande attenzione per i paesi dell'Est europeo, a cominciare dalla Russia (Andreotti avvia una stretta collaborazione con Mikhail Gorbaciov, che nel 1985 viene eletto segretario generale del PCUS e lancia la perestroyka) e dalla Polonia, in quel momento al centro dei fermenti di Solidarnosc e della repressione di Jaruzelski (invitato a Varsavia per una iniziativa sulla cooperazione e la sicurezza europea, Andreotti pone come condizione per partecipare la possibilità di visitare la tomba di padre Popieluszko, ucciso dal regime e di incontrare i capi del sindacato autonomo). Senza rinunciare alla sua personale visione dei rapporti internazionali, anche a costo di suscitare polemiche. Come avvenne a proposito di una sua valutazione critica a proposito del dibattito sulla riunificazione delle Germanie: dibattito da lui giudicato intempestivo e pericoloso per il riavvicinamento fra Est e Ovest. Come un contributo alla causa della distensione vanno visti anche i tentativi compiuti da Andreotti per evitare il boicottaggio sovietico delle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984, risposta a quello americano dei Giochi di Mosca 1980.
E poi, il Medio Oriente. In quel momento è particolarmente preoccupante la situazione in Libano, dove oltre tremila militari italiani sono impegnati in una operazione di pace. La diplomazia italiana opera anche per proteggerli e Andreotti non esita a schierarsi contro il governo francese per una minaccia di rappresaglia da parte di Parigi che avrebbe rischiato di coinvolgere anche i soldati italiani. Quanto al nodo dei rapporti fra Israele e palestinesi, Andreotti esprime in quel periodo con nettezza la sua posizione: “La difesa della sicurezza -non solo dell'esistenza- dello Stato d'Israele è per noi sacra, ma con lo stesso impegno di solidarietà ci poniamo verso i palestinesi al fine di ottenere loro la legittima normalizzazione politica”.
Altra materia delicata in quella fase è costituita dai rapporti con la Libia del colonnello Gheddafi e dalle tensioni fra Tripoli e Stati Uniti che accusano il leader libico di proteggere il terrorismo internazionale. Di fronte all'aggravarsi della crisi (culminata nel bombardamento del quartier generale di Gheddafi che sfugge per poco alla morte probabilmente perché avvisato della minaccia da Bettino Craxi), Andreotti, convinto della necessità per l'Italia di un dialogo con il difficile vicino, tenta iniziative di distensione (porta personalmente a Reagan un dono di Gheddafi) e non esita a contrapporsi con decisione a quelle che giudica accuse non documentate da parte americana al colonnello.
Ma è per il processo di integrazione europea l'attenzione maggiore del ministro degli Esteri, soprattutto durante il semestre di presidenza italiana della Comunità, da gennaio a giugno del 1985. E’ di quel periodo la firma del trattato di adesione della Spagna e del Portogallo, a favore della quale Andreotti si impegnò a fondo per superare le resistenze (soprattutto per interessi in materia di agricoltura e pesca). Una riunione dei ministri degli Esteri a Bruxelles presieduta da Andreotti, nel marzo 1985, venne prolungata per oltre quaranta ore fino a raggiungere l’accordo. E fu al Consiglio europeo di Milano del 28-29 giugno 1985 che, per una vera e propria forzatura della Presidenza italiana, venne approvata, superando il tabù del voto all'unanimità (Margaret Thatcher votò contro insieme con Danimarca e Grecia), la convocazione della prima Conferenza intergovernativa dalla quale deriverà l'Atto unico europeo, premessa dell'avvio della cooperazione politica e dell'unione economica e monetaria europea.
Alla fine di giugno 1986 Craxi si dimette al culmine di un periodo di forti tensioni fra democristiani e socialisti. Andreotti riceve l'incarico di formare un nuovo governo ma deve rinunciare di fronte al no dello stesso Craxi, al quale il presidente Cossiga torna ad affidare la guida dell'esecutivo (Andreotti rimane agli Esteri). Il Craxi II regge fino all'aprile del 1987 quando il governo cade fra le polemiche per il mancato rispetto del “patto di staffetta” fra Craxi e De Mita e nel mezzo di forti contrapposizioni sul tema dell'energia nucleare oggetto di un programmato referendum. Andreotti riceve di nuovo da Cossiga l’incarico di formare l' esecutivo, ma anche questa volta il suo tentativo, comunque legato alla condizione di salvare i rapporti fra DC e PSI, fallisce. A opporsi sono, di nuovo, principalmente, i socialisti. Andreotti entra a far parte ancora come ministro degli Esteri del governo guidato da Amintore Fanfani che porta il Paese a nuove elezioni. La campagna elettorale vede scoppiare una polemica fra Andreotti e De Mita, che rimprovera al ministro degli Esteri la firma di un manifesto promosso – più che altro con finalità interne – da Comunione e Liberazione. De Mita lo giudica un attacco alla sua Segreteria: ingiustamente, secondo Andreotti.
Nel frattempo c’è stato, contro Andreotti, un violento attacco, stavolta per sue presunte responsabilità nella vicenda Sindona. Responsabilità - come sottolinea Andreotti - peraltro escluse, esplicitamente, dalla Commissione parlamentare di inchiesta presieduta da Francesco De Martito e, implicitamente, dal fatto che il principale accusatore di Sindona, Ugo La Malfa, aveva accettato di assumere la vice presidenza del governo Andreotti nel 1978. Il partito comunista chiede in Senato le dimissioni del ministro degli Esteri che l'assemblea respinge.
Un'altra polemica, Andreotti la deve fronteggiare a proposito della nomina a Comandante della Guardia di Finanza del gen. Raffaele Giudice, coinvolto nello scandalo dei petroli e iscritto alla P2. Nel novembre 1984 Andreotti deve difendersi in Parlamento dal quale viene – anche in questo caso - scagionato.