Intanto nella DC (1987-1992)
Con l’inizio della decima legislatura la DC torna alla guida del governo con il più giovane presidente del Consiglio nella storia della Repubblica: Giovanni Goria, che il 28 luglio 1987, quando entra a Palazzo Chigi, ancora non ha compiuto 44 anni. Anche il suo governo è condizionato dalle controversie fra democristiani e socialisti, non premiati dal risultato elettorale. Goria governerà meno di un anno prima di essere sostituito da Ciriaco De Mita che, pur fra notevoli dissensi interni, continuerà a gestire la segreteria del partito. Lo fa fino al febbraio ’89 quando, al XVIII Congresso della DC, il raggruppamento del Grande Centro (nel quale confluiscono la nuova corrente di Azione popolare guidata da Forlani, Gava e Piccoli, la Base di De Mita, la componente di Andreotti, Forze Nuove di Donat Cattin e gli amici di Fanfani) porterà nuovamente alla segreteria Arnaldo Forlani con l’85 per cento dei voti. A De Mita andrà la presidenza del Consiglio Nazionale.
Intanto la polemica fra democristiani e socialisti (delusi dal risultato elettorale) resta forte, ma si fa insostenibile quando al Comune di Palermo entra in carica la Giunta del Sindaco Orlando sostenuta da una maggioranza a guida DC con l’appoggio del PCI, ma senza quello del PSI. Craxi apre la crisi, che si conclude a luglio con la nascita dell’Andreotti VI fondato su una rilanciata concordia fra democristiani e socialisti. È il momento del cosiddetto CAF (sigla con cui la stampa indicò la collaborazione instauratasi fra Craxi , Andreotti e Forlani) intorno al quale si muove la politica italiana fino alle elezioni del 1992.
Ma nuove crepe tornano ad aprirsi nella DC, nonostante i successi nelle elezioni europee del giugno ’89 e nelle comunali di Roma a novembre. La sinistra interna rompe con la segreteria Forlani dopo che a Palermo dorotei e andreottiani hanno fatto cadere la Giunta Orlando nel marzo ’90. Pochi mesi dopo cinque ministri della stessa corrente escono dal governo in polemica per la legge Mammì sulla televisione (vengono sostituiti con un rimpasto lampo).
Lo scenario politico in Italia sta cambiando vorticosamente, anche a causa delle trasformazioni negli assetti internazionali dopo la fine del blocco sovietico, e aspri attriti sono all'ordine del giorno. Il presidente Cossiga manifesta a suo modo la sua insoddisfazione per l’andamento della politica (le “picconate”) mentre dure polemiche (che coinvolgono anche il Presidente della repubblica) si accendono sulla vicenda Gladio. Il Partito Comunista cambia nome (PDS) mentre nelle elezioni locali si registra un clamoroso risultato a favore della Lega.
La Democrazia Cristiana cerca di reagire con un forte impegno di riorganizzazione: alla fine del 1991 si riunisce a Milano la Conferenza nazionale programmatica del partito. Non basta: nelle elezioni dell'aprile ‘92 la DC perde il 5 per cento dei voti, pur confermando il proprio primato. Scoppia “mani pulite”: le indagini della magistratura su episodi di corruzione e di finanziamento illecito dei partiti, dopo molti dirigenti socialisti travolgono anche esponenti democristiani. La Direzione DC, che nel tentativo di favorire un ricambio della classe dirigente ha stabilito l’incompatibilità fra incarichi parlamentari e di governo, decide di emarginare gli inquisiti (che poi, in moltissimi casi, risulteranno innocenti). Alla segreteria Arnaldo Forlani viene sostituito da Mino Martinazzoli (ottobre ’92). Sono mesi drammatici: mentre il partito subisce nette sconfitte in alcune elezioni amministrative, molti inneggiano ai magistrati di “mani pulite” che continuano a bersagliare con avvisi di garanzia e ordini di arresto anche la classe dirigente della DC. Alle accuse di “tangentopoli”, in alcuni casi, se ne aggiungono altre anche di mafia e camorra: è il caso di Andreotti, ma anche di Gava e di Cirino Pomicino (tutti, poi scagionati dall’accusa).
Nel luglio 1993 Martinazzoli convoca un’assemblea nazionale che scioglie la Democrazia Cristiana dando vita al Partito Popolare Italiano. Non basterà per evitare nuove sconfitte e secessioni. Dapprima è Mario Segni a lasciare il partito con il suo movimento artefice del referendum contro le preferenze elettorali che ha dato corpo alle proteste di molti cittadini contro il sistema politico. All’inizio del ’94 sarà la volta di un gruppo guidato da Pierferdinando Casini e Clemente Mastella che darà vita al Centro Cristiano Democratico schierandosi nel Polo della Libertà di centrodestra.
Intanto in parlamento, dopo la tormentata elezione di Oscar Luigi Scalfaro al Quirinale (nella quale la DC ha modo di attuare una estrema operazione di divisione interna che blocca la candidatura ufficiale di Forlani), è stato varato un governo guidato da Giuliano Amato (DC, PSI, PSDI, PLI) al quale dopo poco ne subentra uno “di emergenza” (non viene preceduto dalle rituali consultazioni del Capo dello Stato) affidato al Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi. Con una nuova legge elettorale di stampo maggioritario si va alle elezioni anticipate: le prime senza la Democrazia Cristiana. Il suo erede, il PPI, cerca di costituire un “terzo polo” insieme con il raggruppamento di Segni (il Patto per l’Italia) ma i risultati sono del tutto deludenti.
XVI Congresso della DC. Roma 1984 - Discorso di Andreotti