Intanto nella DC (1968-1972)
Si ripercuotono, all’interno della DC, a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta, le conseguenze della contestazione giovanile che percorrono in quel periodo la società italiana e internazionale. Dei fermenti di novità si fa interprete soprattutto Aldo Moro, protagonista di iniziative politiche mirate ad andare al di là di un centrosinistra giudicato inadeguato alla mutata situazione. Moro lascia la corrente dei dorotei, avvicinandosi a quella della sinistra e parla di “strategia dell’attenzione” verso il PCI (mentre la sinistra si spinge a delineare un “patto costituzionale”). Ma nel partito, a quanti spingono per radicali cambiamenti nelle alleanze e nella conduzione della segreteria si contrappongono forti componenti più tradizionaliste.
Una situazione difficile dunque quella cui si trova a far fronte il nuovo segretario politico, Flaminio Piccoli, esponente dalla corrente dorotea maggioritaria, che nel gennaio ’69 subentra a Rumor, ma con l’astensione di oltre la metà del Consiglio nazionale. Né riesce a ricomporre l’unità del partito il congresso che si svolge a Roma nel giugno del 1969, concludendosi con una frammentazione in numerosi gruppi.
Segue una fase di ampia trasformazione interna: la corrente dorotea di Impegno democratico si scioglie (ne scaturiscono il gruppo di Rumor Piccoli e quello di Andreotti-Colombo) e mentre movimenti tradizionalmente fiancheggiatori come le Acli proclamano la fine del collateralismo, si aggrega un nuovo schieramento di “quarantenni” (riunitisi nel settembre 1969 nel convegno di San Ginesio) che reclamano la guida del partito. La otterranno nel novembre successivo quando segretario nazionale verrà eletto Arnaldo Forlani che, designato alla unanimità, a sua volta dovrà destreggiarsi fra le diverse spinte interne. Spinte che tornano a manifestarsi nel dicembre ’71 con la tormentata elezione di Giovanni Leone a Capo dello Stato.
XVII Congresso della DC. Roma 1986 - Discorso di Andreotti