Intanto nella DC (1958-1963)
La DC esce rafforzata dalle elezioni del maggio 1958 (recupera il 2 per cento dei voti raggiungendo il 42%), ma i suoi alleati di centro – non premiati dalle urne – mostrano insoddisfazione mettendo in crisi la formula di governo centrista in vigore dai tempi di De Gasperi. Difficile formare maggioranze stabili: l’ipotesi di alleanza con il PSI appare ancora prematura, mentre la forza dell’opposizione comunista rimane intatta.
I cinque anni della legislatura passano nella ricerca di nuovi equilibri possibili. Il primo passo lo compie il segretario della DC, Fanfani, che all’indomani del voto forma un governo (luglio 1958) insieme con il PSDI “guardando” nella direzione del PSI. Ma il governo, già indebolito da una fronda anti-fanfaniana all’interno della DC (Fanfani associava la carica di Segretario del Partito, di Presidente del Consiglio e di Ministro degli Esteri ad interim) cade per il ritiro della fiducia dei socialdemocratici. Intanto, ulteriori elementi di polemica in casa democristiana venivano dalla vicenda Milazzo, esponente DC eletto presidente della Giunta della Sicilia da una maggioranza eterogenea nella quale i democristiani convivevano con comunisti, socialisti, monarchici e missini. Un’operazione in evidente polemica con i vertici della DC che determinò forti ripercussioni a Roma.
Significative conseguenze per la politica democristiana derivano dalla fine del pontificato di Pio XII (morto nell'ottobre '58) e l'inizio di quello di Giovanni XXIII così gravido di cambiamenti per il mondo cattolico.
Nella crisi seguita alla fine del governo Fanfani, che lascia anche la segreteria del partito (gennaio ‘59), la DC è isolata. Antonio Segni, nel febbraio successivo dà vita a un monocolore democristiano con l’appoggio esterno di liberali e monarchici (ma anche con quello, non determinante, del Movimento Sociale Italiano) dal quale si dissocia la sinistra DC della Base. Durerà un anno, poi toccherà a Tambroni con un esecutivo senza maggioranza precostituita ed esposto ai condizionamenti del MSI, naufragato a seguito dei sanguinosi incidenti di piazza del luglio 1960.
Nel frattempo ci sono stati importanti cambiamenti nei rapporti di forze all’interno della DC. La corrente di Iniziativa democratica, che ha consentito l’avvento di una nuova generazione alla guida del Partito, appare aver esaurito la sua funzione. Fanfani dà vita a una propria componente - Nuove Cronache - e si avvicina alla sinistra interna facendosi sostenitore della linea di apertura al PSI, mentre nel marzo del ’59, in occasione del Consiglio nazionale della Domus Pacis, prende vita la corrente dei Dorotei che si schiera in difesa del centrismo e porta Aldo Moro alla Segreteria del Partito lasciata da Fanfani. Proprio in contrapposizione con Fanfani, Moro vincerà il Congresso DC dell’ottobre 1959 a Firenze, chiedendo - e ottenendo - anche il voto a favore del gruppo andreottiano di Primavera. La linea di Moro è tuttavia destinata a cambiare. Al successivo congresso della DC (Napoli, gennaio 1962) il Segretario propone l'apertura al PSI, approvata dall’80 per cento dei delegati, con l’opposizione solo di Scelba. Andreotti è critico, ma si adegua alla maggioranza, limitandosi a coniare una delle sue battute, ironizzando (sulla falsariga del popolarissimo slogan di un detersivo) sul centrosinistra di Moro e su quello di Fanfani.
Si parla di dialogo con i comunisti e di presa di distanza dal PCI da parte socialista. E quando alla presidenza del Consiglio torna Amintore Fanfani (prima - luglio 1960 - con un monocolore dc, poi - febbraio 1962 - insieme con PSDI e PRI) i socialisti passano dal voto contrario all'astensione. Si profila l’ingresso del PSI al governo. Ma che la svolta di centrosinistra non fosse indolore e che le resistenze nella DC fossero sempre forti lo si vide qualche mese dopo (maggio ‘62) in occasione della tormentata elezione di Antonio Segni al Quirinale.