V Legislatura 1968-1972
Elezioni del 19 maggio 1968: candidato n. 1 nella lista della DC nella circoscrizione XIX Roma Viterbo Latina Frosinone; 252.369 preferenze. Ministro dell’ Industria del II Governo Leone, Presidente del Gruppo parlamentare DC. Presidente del Consiglio (17 febbraio 1972-26 giugno 1972).
Andreotti lascia il governo (dopo qualche mese ancora come ministro dell’Industria nel secondo balneare di Giovanni Leone, dal giugno al dicembre ’68), quando a Palazzo Chigi subentra Mariano Rumor e viene eletto presidente del Gruppo democristiano alla Camera con 168 su 264. Lo rimarrà fino al febbraio del 1972 venendo riconfermato due volte con 210 voti su 265 e 223 su 264.
Nel luglio del 1970, entrato in crisi il terzo governo Rumor, il presidente della Repubblica Saragat affida ad Andreotti l’incarico di formare un nuovo esecutivo composto da DC, PSI, PSDI e PRI. Incarico fallito, soprattutto per l’ostilità dei socialdemocratici che accusavano il presidente incaricato di tendenze filo-socialiste. Andreotti rinuncia: al suo posto subentra, con successo, Emilio Colombo. Sull’alleanza di governo Andreotti non nasconde le critiche a proposito dell'atteggiamento socialista, che rivendica mani libere negli accordi in periferia con il PCI, nonostante l'alleanza con la DC a livello nazionale, negando un'analoga libertà ai democristiani. Fu allora che Andreotti lanciò la immagine dei “due forni”, tornata di attualità negli anni successivi.
Da capogruppo, Andreotti si trovò ad affrontare una questione difficile come quella della approvazione della legge per la introduzione del divorzio, particolarmente spinosa per i deputati democristiani. Oltre che per ragioni di principio, Andreotti avversava la proposta Fortuna-Baslini giudicandola anticostituzionale. Era inoltre particolarmente preoccupato per le conseguenze che avrebbe potuto avere il referendum per l'abrogazione della legge: anche per questo intervenne con una sua originale proposta di mediazione cui affiancò la pubblicazione di un libro - “I minibigami” - dedicato al tema dello scioglimento del matrimonio religioso. Si sarebbe trattato di limitare la possibilità di divorzio ai matrimoni non contratti in chiesa. Ma la proposta non ebbe successo, accusata dai divorzisti di creare disparità e dagli antidivorzisti di lassismo.
Di fronte alla nuova crisi di governo nel febbraio del 1972 è di nuovo la volta di Andreotti al quale il presidente Leone torna ad affidare l'incarico di formare un esecutivo. Il quadro politico non sembrava offrire soluzioni praticabili: compito del presidente incaricato era di verificare l'ineluttabilità delle elezioni anticipate. Andreotti, primo romano ad assumere la guida del governo del Paese, si presentò al Parlamento con un governo monocolore dc che incontrava il consenso dei liberali e l'opposizione degli altri partiti, nonché riserve anche in seno alle correnti di sinistra della DC (fece scalpore la mancata presenza, al giuramento dei ministri, di Carlo Donat Cattin, visto dal barbiere al momento della cerimomia. Donat Cattin, ministro del Lavoro, giurò il giorno dopo). Il Presidente del Consiglio mise l'accento “sulla proposta di amministrare la cosa pubblica per il tempo strettamente necessario e di consentire un chiarimento di fondo per dare modo di ravvicinare tutte le forze politiche democratiche”. Ritenne, inoltre, di dover dare un riconoscimento di legittimità democratica piena ai liberali. Ma il governo non superò lo scoglio della fiducia. Venne battuto al Senato con 152 voti a favore e 158 contro. Leone sciolse le Camere e indisse le elezioni per il 7 maggio, respingendo le dimissioni di Andreotti che rimase in carica per l'ordinaria amministrazione, ricoprendo anche per un breve periodo l'incarico di Ministro delle Partecipazioni statali dopo le dimissioni di Piccoli, eletto capogruppo dei deputati dc.
XI Congresso della DC. Roma 1969 - Il discorso di Andreotti (1 di 2)
XI Congresso della DC. Roma 1969 - Il discorso di Andreotti (2 di 2)